Un giorno in Sicilia: scopriamo Erice

Ideale per: Coppie Tipologia: Rilassante Mezzi: A piedi Giorni: 1 Province: Trapani Città: Erice

Descrizione

C'era una volta, in un pittoresco paesino abbarbicato su di un'impervia altura, un castello incantato, avvolto da una coltre di nebbia e mistero, che nascondeva una principessa, anzi no, una Dea.... E si potrebbe andare avanti senza indugi osando evocare draghi e principi azzurri, cavalieri dalla splendente armatura, maghi e magie, e la fantasia non cesserebbe mai di suggerire fiabeschi intrecci e trame da mille e una notte. Provate anche voi, a rivolgere uno sguardo verso Erice, e anche in voi d'improvviso s'infiammerà la voglia e l'istinto di raccontare una fiaba, di vivere un'avventura fantastica, di immaginare... E forse, chissà, riuscirete ad avvicinarvi alla realtà, quella storica, ammesso che ce ne sia soltanto una.
Si, perché Erice non evoca soltanto fantasiose leggende, ma le racconta nella sua storia, negli intrecci che la vedono protagonista del mito e insieme delle radici storiche della Sicilia, di una storia che l'ha vista dimora dei Troiani di Omero e di Virgilio, degli arabi e dei Normanni liberatori, della più bella fra le dee e del più forte tra i giganti.
Ma Erice narra anche la storia di uomini comuni che, pur privi della forza dei giganti e dei poteri degli dei, hanno l'orgoglio, il coraggio e il cuore dei siciliani, e sono riusciti a costruire quella che, oggi come ieri, e siamo sicuri anche come domani, è stata, è e sarà una fra le città più affascinanti del mondo.


Curiosità

Tra le tante tradizioni appartenenti ad Erice, testimoni del passato e della passione degli ericini, vi è l'artigianato, che assume particolare rilievo sia dal punto di vista culturale che economico, in tre prodotti: i dolci, di cui parleremo più avanti, il tappeto e la ceramica.
Il tappeto di Erice è uno dei pochi, ancora oggi nel XXI secolo, realizzato con telai rudimentali e tecniche tramandate da generazioni e generazioni, da madre in figlia. Nasce come prodotto per esigenze domestiche, oggi è uno dei ricordi più rappresentativi che un turista può portare con sé dopo la visita del paese.
I disegni e le tinte, seppur variopinte, sono sobri e tradizionali.
La ceramica di Erice acquista particolare valore poiché riscoperta nel XX secolo, nella sua tradizione storica, dopo un periodo di buio durato quasi quattro secoli, durante i quali le tecniche e le decorazioni erano state perdute.
Oggi, dopo la riscoperta, la ceramica ericina è una tradizione da preservare e i prodotti sono sicuramente tra i più rappresentativi.

Giorno 1

Erice

E' difficile risalire alle origini di Erice, comune del trapanese che sorge ad oltre 700 metri di altitudine e che ospita quasi 30.000 abitanti, invisibili durante tutto l'anno poiché soltanto 3.000 circa la abitano per 12 mesi.
Dicevamo delle origini di Erice, che sembrano affondare le radici ben prima dei popoli indigeni della Sicilia, andando indietro fino agli esuli troiani che fuggiti dalla sanguinosa guerra omerica trovarono nella particolare geografia di questo luogo un sicuro rifugio per un seppur temporaneo insediamento.
Ai troiani seguono gli Elimi, uno dei tre popoli primitivi della Trinacria, insieme ai Siculi e ai Sicani, i più misteriosi sicuramente, tanto che ancora oggi nessun archeologo è riuscito a far chiara luce sulle loro origini.
Ma non finisce qui, perché le origini più vetuste di Erice risalgono ancora una volta al mito, quello di Eryx, figlio di Afrodite e Boote, gigante dalla impressionante forza sconfitto soltanto da Eracle l'imbattibile.
Divenne uno dei principali centri cartaginesi in Sicilia, e neppure Erice riuscì a scampare alle decine di dominazioni di cui l'isola intera fu teatro: Fenici, Romani, Arabi, Normanni, popoli stranieri provenienti da ogni dove e da ogni epoca, che ingolositi dalla particolarissima posizione di questo paese, impenetrabile, inespugnabile, lottavano per trasformarlo nella propria roccaforte.
Erice fu per i Romani uno dei principali centri di culto religioso: questo popolo celebrava infatti il rito della Venere Ericina, una Dea dalla grande importanza simbolica in quanto fu la prima ad accostarsi in bellezza ad Afrodite, che proprio della bellezza era la Dea e ne incarnava la quintessenza.
Proprio per questo, per secoli la città e il nome di Erice furono legati a un culto della fertilità, che rimandava proprio al luogo (Erice, per l'appunto) in cui sorgeva un tempio dedicato a Venere.
Non può che essere proprio il Castello il cuore di Erice, comune che prese il nome di Gebel-Hamed in epoca Araba, e divenne Monte San Giuliano con i Normanni, proprio coloro che costruirono il castello laddove in principio sorgeva il Tempio di Venere per il culto dei latini.
Questa denominazione rimarrà addirittura fino all'epoca recente, precisamente al 1934.
Ciò che salta subito all'occhio è l'impressionante densità di monumenti e palazzi storici, con edifici signorili di pregevolissima fattura e di immortale eleganza che sono la testimonianza degli sforzi di circa un centinaio di famiglie che in epoca relativamente recente riuscirono a rendere la città un fiorente centro di produzione nonostante le sfavorevoli condizioni geografiche che, di certo, non agevolavano i traffici commerciali e l'approvvigionamento. Eppure, a costo di grandi sforzi, investirono grandissima parte delle rendite della vita contadina proprio nello sviluppo di Erice, che non vollero mai abbandonare e che oggi gli deve molte delle sue fortune.

Luoghi da visitare:


  • Chiesa Madre: costruita nel XIV sec per volontà di Federico d'Aragona e dedicata alla Vergine Assunta, ha la particolarità di essere stata concepita per scopi difensivi. Per quanto ciò possa sembrare strano, a tradire questa funzione sono proprio le sue fattezze, con architetture massicce, un campanile robusto e quadrangolare, merlature che richiamano i palazzi fortificati trecenteschi. Oggi i rimaneggiamenti mostrano in realtà una prevalenza netta dello stile neogotico dell'Ottocento, e del Trecento restano i possenti portali.
    La pianta basilicale a 3 navate presenta delle cappelle a marcare le navate laterali, impreziosite dalle testimonianze di maestri come Gagini, Mancini, Laurana, ed un tesoro che, seppur depauperato sul finire del secolo scorso, ancora oggi conserva importantissime collezioni di argenti della Sicilia.
  • Chiesa di San Giuliano: la storia racconta che fu il Re Normanno Ruggero d'Altavilla a volere la costruzione di un Tempio in onore del santo, che benedì e aiutò l'opera di cristianizzazione della città, che fu "liberata" dai Saraceni. L'occasione fu anche sfruttata per scoraggiare le pratiche pagane allora ancora molto frequenti, tanto che persino la città fu chiamata Monte San Giuliano, e tale rimase fino al 1934. Completamente ricostruita tra il XVII e il XVIII secolo.
  • Chiesa di San Giovanni Battista: anche qui, il rimaneggiamento del XVII secolo nasconde le originali fattezze gotiche e quattrocentesche, visibili soltanto nel portale. Si segnala per il giardino che regala un panorama da strabuzzarsi gli occhi.
  • Chiesa di San Cataldo: intitolata ad un Santo irlandese, questa chiesa fu il Duomo prima dell'edificazione di quello attuale. Anche questa fu ricostruita nel XVIII secolo, conserva al suo interno un crocifisso ligneo particolarmente venerato dagli Ericini.
  • Chiesa di San Pietro: costruzione originaria del Trecento e voluta da Papa Urbano V, ricostruita nel XVII secolo in versione barocca; è oggi tra gli esempi più apprezzati della scuola barocca trapanese.
    Un arco di camminamento cinquecentesco la collega al Monastero di S. Rocco che oggi ospita l'istituto di cultura scientifica E. Majorana.
  • Chiesa e Convento di San Domenico: funzione ben lontane da quella sacra per i due edifici da tempo sconsacrati, che oggi ospitano un Auditorium e due ali del Museo Majorana: il Museo Chalonge, con strumenti per lo studio della moderna astrofisica, e il Museo Dirac, con strumenti provenienti dal Museo di New York per lo studio dell'astrofisica del microcosmo.
  • Cinta muraria e Porte: a difesa dell'unico versante accessibile della città (quello Nord-Ovest, gli altri lati sono su strapiombi rocciosi), le prime mura risalgono all'VIII sec. a.C. costruite dalle popolazioni indigene degli Elimi. Il percorso si snoda per circa 700 metri da Porta Trapani a Porta Spada, passando per Porta Carmine. Dei 25 torrioni delle mura di cinta, oggi ne rimangono 16.
  • Il Castello: simbolo e Acropoli della città, la sua storia si sviluppa fin dall'età del bronzo; in principio infatti ivi sorgeva un santuario per il culto della dea protettrice dei raccolti e dei naviganti. Questa divinità era votata alla prostituzione sacra, un culto che attraverso le sacerdotesse devote, consacrava la sacralità dell'amore.
    Con i cartaginesi venne eretto un recinto e il luogo fu consacrato alla dea Astarte, dea della fertilità identificata successivamente proprio con la Venere Ericina. In seguito alla prima Guerra Punica, i Romani edificarono un tempio per la dea Venere.
    Il castello, nella sua forma attuale, è da attribuire però ai Normanni.
    Il panorama da questa roccaforte si estende su migliaia di uliveti plurisecolari, ed abbraccia tutto il Golfo di Trapani fino a San Vito lo Capo e alle Saline di Marsala.
  • Torri e Giardini del Balio: si tratta di torri di avvistamento e sicurezza costruite in epoca normanna. Divenute ormai fatiscenti intorno alla metà dell'Ottocento, furono ripristinate e restaurate accuratamente dal Conte Pepoli, che si occupò anche della sistemazione dei Giardini del Balio e dell'intero maniero: chiese però in cambio ai cittadini, di diventarne proprietario. I cittadini, pur di riconsegnare il loro simbolo agli antichi fasti, accettarono lo scambio e, almeno i giardini, furono adibiti a parco pubblico. Tuttavia, gli eredi del Pepoli nel XXI secolo cambiarono radicalmente la destinazione d'uso del Castello, che oggi è un lussuoso resort.
  • Centro Internazionale di Cultura Scientifica Ettore Majorana: simbolo del continuum tra passato, presente e futuro, simbolo di una città legata si, alle proprie radici e alle proprie tradizioni, ma attenta a rivolgere sempre uno sguardo al futuro anche per celebrare e dar senso al proprio passato. Il Centro Ettore Majorana fu fondato dallo scienziato trapanese Prof. Antonio Zichichi, ancora oggi direttore, nel 1963. Contribuisce in maniera determinante all'affermazione di Erice nel mondo come città della Scienza e della Cultura. Al suo interno, tra le altre cose, è presente un sismografo che registra costantemente le attività sismiche del pianeta, ed ai congressi che qui hanno luogo partecipano i più illustri scienziati di tutto il mondo.
    Fu visitato dal Papa Giovanni Paolo II nel 1993.
  • Museo Comunale Antonio Cordici: conserva importanti e preziosissime collezioni anche private, oltre ad alcune eccellenze che lo rendono noto in tutto il mondo. Su tutte, "L'Annunciazione" di Antonello Gagini e "La Testa di Venere", del V sec a. C., capolavoro marmoreo in stile greco classico.

Non possiamo comunque abbandonare Erice prima di aver visitato e percorso quello che è forse l'aspetto più tipico e rivelatore della sua natura: una natura, dei connotati, inconfondibilmente siciliani, fatti di stradine tortuose, lastricate o di ciottoli, di casette sorridenti e romantiche, di cortili e balconi fioriti, di profumi e colori di muschio da una parte, dolci e vino dall'altra, di vesti stese ad asciugare e di bambini in bicicletta, di un nostalgico senso di antico, di una passione vibrante e di un rispetto del passato, che qui ad Erice, non morirà mai.


Gastronomia

L'aspetto gastronomico arricchisce le tradizioni di un paese che, nonostante le ridotte dimensioni, non si finisce mai di scoprire.
Tra i tanti aspetti legati alle ricette tipiche di Erice, non si può certamente tralasciare quello della pasta di mandorle e dei dolci della signora Grammatico, che conserva le antiche ricette, "rubate", per così dire, alle monache di clausura che le custodivano gelosamente.
Oggi, depositaria di quei segreti imperscrutabili, prepara ogni giorno i dolci di pasta di mandorla più buoni al mondo, oltre a cassate, "mustaccioli", ravioli di ricotta e tante altre leccornie.
A suggellare l'unicità di queste ricette ed a celebrare i dolci di pasta di mandorla, interviene un primato, un vero e proprio "Guinness": recentemente infatti ad Erice è stato realizzato il dolce di pasta di mandorle più lungo del mondo, ben 400 metri!
Partendo dal Giardino del Balio fino al Castello di Venere, il dolce "abbraccia" simbolicamente la città con la sua dolcissima tradizione. Non può, una tale occasione, non avere legami con la leggenda: pare infatti che la Venere Ericina lasciò cadere sulla città la "Cintura di Venere", la cinta che legava alla vita il proprio abito. E con questo dolce che cinge la città, ancora una volta rivive il mito, la leggenda, mai tanto immanente come in Sicilia, mai tanto reale come ad Erice.

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